Quando una vettura viaggia ad alta velocità a una altezza ridotta dal piano stradale, l’aria che passa tra il fondo del veicolo e l’asfalto genera una pressione che tende ad “incollare” il mezzo al terreno.

Più si riduce la sezione di attraversamento, più l’aria aumenterà la propria velocità; e più si favorisce la fuoriuscita di essa dalla parte posteriore dell’auto maggiore sarà il suo afflusso dalla porzione anteriore.

Questo fenomeno è chiamato “effetto suolo” e la sua applicazione in formula uno, a partire dal 1978 e in maniera decisamente più intensa durante la stagione successiva, aprì orizzonti prestazionali fin lì inesplorati.

Per ottenere un flusso ristretto e costante al di sotto della macchina gli ingegneri fecero ricorso alle cosidette “minigonne”, bandelle collocate verticalmente rispetto al bordo inferiore delle fiancate, al fine di sigillare il fondo della vettura e incrementare l’aderenza in maniera esponenziale, sopratutto in percorrenza di curva.

Queste componenti furono bandite al termine del mondiale 1982 e da allora il regolamento della formula uno cerca di limitare i fenomeni di iper-aderenza.

Attualmente è consentito adottare un estrattore posteriore, ma è vietato il fondo ricurvo e sono ben definite le dimensioni del fondo piatto dell’auto, che non può occupare l’intero perimetro del suo lato inferiore.

Allo stesso modo sono stati proibiti dalla Federazione Automobilistica Internazionale i cosidetti “scarichi soffiati”, ovvero realizzati in modo da dirigere l’aria espulsa dal motore verso l’estrattore posteriore, così da aumentare l’efficienza.