All’alba del duemila i propulsori che equipaggiavano le monoposto di F.1 avevano raggiunto potenze esorbitanti.
Nella stagione 2005 i motori a 10 cilindri messi in campo da Ferrari, Mercedes, Bmw e Honda, sviluppavano ormai 900 Cv a regimi superiori a 19.000 giri al minuto e l’ottenimento di prestazioni sempre più elevate comportava inoltre investimenti ingenti da parte delle scuderie, incrementando il gap tra le più abbienti e le meno forti economicamente.
In vista del Campionato Mondiale 2006 la FIA emanò un nuovo regolamento che sanciva l’obbligo per tutti i Team di impiegare esclusivamente motori atmosferici frazionati a 8 cilindri a V di 90° di cilindrata massima pari a 2.4 lt e peso minimo di 95 kg imponendo l’uso di leghe d’alluminio.
Venne fissata in 19.000 giri al minuto la massima velocità di rotazione ammessa e su ogni vettura non si potè utilizzare più di 8 motori nell’arco dell’anno, congelando lo sviluppo al fine di risparmiare denaro.
Alla prova della pista, ogni squadra si concentrò sul miglioramento dell’aerodinamica e quindi non ci furono innalzamenti del tempo sul giro ipotizzati.
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